L’8 e il 16 marzo, abbiamo dato il via al ciclo di incontri per mamme e bambini a Giubiasco e a Stabio. Ringrazio di cuore lo Studio Quantum di Stabio,  e la sig.ra Pezzani per il supporto organizzativo e l’adesione entusiasta al progetto.

Il primo incontro (che avrà anche una edizione serale per aperta a tutti il 27 aprile a Lamone, presso il Centro Crisalide  info ) è stato un confronto su tematiche generali sollecitate dalle domande dei partecipanti.

Abbiamo fatto una breve presentazione per definire il quadro di riferimento, che pubblichiamo volentieri, alla quale sono seguite le domande dei partecipanti.

Siamo convinti che parlare apertamente di Omeopatia, sollevare dubbi o perplessità, desideri e speranze,  sia una opportunità per approfondire le proprie conoscenze e crescere in consapevolezza e responsabilità.

Avendo vissuto in prima persona l’avventura di essere mamma in cerca di un modo sereno e naturale di allevare i miei ragazzi, conosco il senso di isolamento in cui a volte del donne si trovano nel portare avanti una scelta a tratti non facile. La cosa che mi mancava maggiormente era potermi confrontare. E avere qualcuno che rispondesse alle mie domande.

Ecco quindi il senso di questi incontri.  La mattina, per le mamme che hanno anche bambini piccoli da portare a seguito. La sera, per chiunque desideri partecipare.

 

gocceIl cavallo di battaglia della medicina occidentale allopatica (quella che si studia all’università, per intenderci) è l’affermazione che dentro i granuli di glucosio dei rimedi omeopatici in realtà non vi sia nulla e che quindi l’omeopatia sia una grandissima farsa, i pazienti siano facilmente suggestionabili e quello che funziona non sia altro se non l’effetto placebo.
Effettivamente, se esaminassimo in laboratorio un granulo di una preparazione omeopatica che porti sul tubetto la sigla dalla 12ch in su (15/30/200 etc), non troveremmo traccia delle molecole della sostanza dalla quale siamo partiti nella preparazione del rimedio.

Non si scappa: c’è una legge fisica (la legge di Avogadro) che afferma che dopo la dodicesima volta che si diluisce qualcosa in un rapporto uno a cento (una goccia di sostanza originaria, pianta animale o minerale, e 99 di solvente), tutto diventa la stessa cosa, e cioè …… e qui si apre il dibattito!

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neuroneNon si scherza: l’omeopatia è una scienza “complessa”. Ma è anche la scienza della “semplicità”. E’ la scienza dell’osservazione del semplice dato, così come esso si presenta, vibrante di tutta la complessa organizzazione energetica che lo fa essere esattamente come è.

Non è facile saper riconoscere la complessità della semplicità. Ma, quando lo si sa fare, il dato semplice, osservabile in sé e per sé, diventa potente, molto potente nei suoi legami con tutti gli altri dati rilevabili nel contesto di una persona malata: la febbre si manifesta in un  bambino proprio in quel modo lì, accompagnata dal viso tutto rosso, da una sudorazione abbondante, da pianto persistente, da agitazione. Dati semplici, osservabili con facilità, che costruiscono un quadro complesso, dinamico e interconnesso in tutti i suoi elementi.

Questa connessione non viene compresa e, di fatto, chi è ignorante di omeopatia, dice che è semplicistica, banale, per non dire una buffonata.

L’omeopatia è una buffonata a detta di molti perché considera in semplicità la malattia come qualcosa di osservabile coi sensi e non qualcosa di misterioso, che si sia impossessato dall’esterno del malato e che risieda chissà dove al suo interno.

Sembra un sacrilegio dire che un uomo, davanti a un altro uomo, possa, osservandolo e indagandolo coi suoi propri sensi, comprendere le alterazioni del corpo e dello spirito che definiscono il suo stato di sofferenza e aiutarlo a recuperare una organizzazione più favorevole. Ma così accade, e deve essere così in omeopatia. Questo è quanto insegna inequivocabilmente il suo fondatore, Samuel Hahnemann e quanto sperimentato da 200 anni da validi omeopati e da tutte le persone che ne hanno tratto giovamento.

Attraverso uno studio esteso e minuzioso degli stati di salute e di malattia e con una approfondita conoscenza di quello che i rimedi omeopatici, uno per uno, inducono su individui sani in fase di sperimentazione in doppio cieco, l’omeopata può, basandosi su di una osservazione imparziale dei sintomi mentali emotivi e fisici rilevati, prescrivere l’unico rimedio più adatto per quella persona in quel momento.

L’omeopatia educa all’osservazione imparziale della realtà, così come essa si presenta e come viene riferita da quanti la sperimentano in prima persona, e quindi non solo il malato, ma anche coloro che vivono con lui e non ultimo l’omeopata, che entra in relazione con lui.

L’omeopatia obbliga l’omeopata a diventare sempre più acuto nella percezione:  con tutti i suoi sensi, deve essere in grado di percepire il senso dell’organizzazione complessa dell’energia del suo paziente senza trascurare quello che percepisce dentro se stesso, nel momento della relazione.

200 anni fa Samuel Hahnemann parla della malattia come uno stato di organizzazione dell’individuo che è percepito da lui stesso ma anche da chi gli vive vicino e constatato poi dall’omeopata.
Incredibile! 200 anni fa si parlava in un modo acutissimo e preciso di relazione, di osservazione della realtà per come si presenta, organizzata, a livello dello scambio percettivo sensibile tra esseri umani.

Forse che questo approccio di semplice osservazione della realtà, fondato su di una profonda conoscenza della complessità della relazione  causale tra i fenomeni, è proprio quello che la medicina occidentale sta cercando?
Che sia una via per trovare la persona nel fegato malato o nella malattia mentale o nella depressione? Possibile che Antonio, Clara o Arturo siano meno importanti del nome della malattia con il quale vengono classificati?

Anche John Locke, filosofo e fisico britannico vissuto nel 1600 disse una verità molto semplice: “le opinioni nuove sono sempre malviste e di solito avversate, solo per il semplice fatto di non essere già comuni”   e io aggiungo che, se non si buttassero valanghe di energie a combattersi  senza conoscersi veramente, ma solo perché l’altro parla una lingua che non comprendiamo bene, costruiremmo invece di distruggere.

Saluti!
Francesca

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caleidoscopio

Tutto è energia.

Questa energia di cui parliamo è qualcosa di molto concreto. In genere ci spaventiamo davanti alla formula di Einstein pensando che … vabbé, si, ok, lasciamola ai fisici!

Eppure, senza voler parlare il linguaggio dei fisici, possiamo trarne qualcosa di interessante anche per noi: la stessa energia è presente in un sasso, nel corpo umano, in una emozione, in un pensiero. La stessa energia, proprio la stessa, quella che Einstein ha definito in una formula che vale per tutte le cose che si conoscono in questa cornice spazio/temporale che chiamiamo “mondo”.

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L’omeopatia si occupa di ‘energia’, semplice!

Di energia come si manifesta negli esseri viventi. Poi, ci sono architetti come Daniel Libeskind che sanno muovere energia attraverso strutture inanimate, ma questo è un altro capitolo!

Ma cosa vuole dire ‘energia’? Siamo nel New Age ancora una volta?

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E’ in corso un dibattito, in Italia e in Europa, che è lo specchio della crisi culturale, economica e sociale che sta investendo il nostro mondo: invece di parlare di contenuti, di valori che generano prodotti, si parla in modo acontestuale solo dei prodotti.

Anche per quanto riguarda l’omeopatia, il fulcro del dibattito sembra essere chi abbia i titoli per esercitare l’omeopatia e chi no, dimenticandosi che, in prima battuta, è necessario chiarire molto bene che cosa sia effettivamente l’omeopatia, quale la visione esistenziale sulla quale si poggia, quale il concetto di salute e malattia a cui si riferisce e via di seguito.

Solo chiarendo bene di cosa si sta parlando si può comprendere quali siano le caratteristiche professionali che un omeopata deve dimostrare di possedere e di conseguenza il percorso formativo più adatto per far nascere futuri bravi omeopati.

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Cosa fa effettivamente l’omeopatia? Di cosa si occupa? E’ davvero solamente un modo alternativo per alleviare mal di gola, raffreddori, ulcere o insonnie?

Se riduciamo l’omeopatia al modo di pensare a cui siamo abituati, otteniamo solo una brutta copia della medicina allopatica.

Nel pensiero abituale, esiste un individuo ben strutturato e un mondo fuori altrettanto ben strutturato: due poli di una relazione, ognuno chiuso nel suo fortino, che si sferrano continui attacchi reciproci. L’attenzione è posta tutta su come difendere il fortino o come riparare i danni individuando i colpevoli.

In omeopatia non esistono colpevoli, quanto invece relazioni tra elementi che danno vita a nuovi assetti nell’individuo. I sintomi sono il linguaggio di questo nuovo assetto, la chiave per comprenderne il senso e la direzione. Capire la relazione tra i fattori che hanno determinato il concretizzarsi di un nuovo assetto (malattia, disturbo emotivo o psichico) è determinante nella possibilità di intervenire aiutando il sistema a riorganizzarsi in un assetto più favorevole.

L’omeopatia si occupa di relazioni: relazioni tra un individuo e l’ambiente in cui vive, tra un individuo e altri individui o, nello stesso individuo, tra i suoi pensieri, le sue emozioni e il suo corpo.

Una relazione presuppone l’esistenza di due o più poli che entrano in contatto e che si influenzano reciprocamente creando una unità di relazione che li comprende entrambi e che li definisce entrambi in quel contesto.
Ad esempio, due persone parlano e si scambiano delle opinioni riguardo a un fatto: nella comunicazione, relazione o  scambio, entrambe le persone danno e ricevono e si influenzano reciprocamente a differenti livelli, non solo nell’immediato, ma anche nel tempo che segue la conversazione.

Oppure, un essere umano e un virus o un battere entrano in contatto, si relazionano e creano una dinamica fra loro che stabilisce un nuovo stato per entrambi: la proliferazione per il virus e l’ammalarsi per l’uomo. La loro relazione fa sorgere una nuova realtà con caratteristiche nuove rispetto all’assetto precedente (ad es, febbre, diarrea, cogestione delle mucose etc, accompagnato magari da irritazione emotiva  o paura, o da irrequietezza o prostrazione, e così via).

La medicina allopatica, nel pensiero socialmente dominante, si occupa delle malattie intese come conseguenze di attacchi provenienti dall’esterno al quale il sistema individuo soccombe. Oppure di malattie derivanti dalla difettosa costruzione dell’ingranaggio fisiologico del corpo (malattie genetiche) o della mente (malattie della psiche).

Eppure anche la scienza, già da una trentina di anni, parla dell’importanza della relazione, continua e dinamica, tra differenti realtà che comunicano incessantemente l’una con l’altra. La scoperta degli mRNA, o  RNA messaggeri, ha dato il via all’epigenetica, definita come “l’adeguamento strutturale delle regioni cromosomiche in modo da registrare, segnalare o perpetuare alterati stati di attività” (Bird 2007). I geni che  determinano la nostra organizzazione psico-fisica, sono attivati da complesse relazioni con l’ambiente.

L’individuo è una struttura in continuo adattamento agli stimoli che provengono dall’ambiente, “l’epigenetica può essere pensato come l’interfaccia tra geni e ambiente” (Groom A, Elliott H R, Embleton N D, Relton C L, 2012) e tra i determinanti della variazione epigenetica vi sono la nutrizione, l’età, i fattori genetici, lo stress, il fumo, le infezioni e lo stato di malattia.

Non è più così moderno quindi pensare al virus cattivo che ci fa ammalare. E’ molto più in linea con il pensiero nascente conoscere e osservare contemporaneamente sia lo stimolo esterno che provoca una reazione (sia esso virus, o stress, o situazione atmosferica o evento traumatico), sia la peculiare costituzione dell’individuo che entra in contatto con tale stimolo. Non tutti infatti sono suscettibili allo stesso modo verso le stesse cose. E non tutti coloro che sono sensibili alla stessa cosa reagiscono allo stesso modo quando vi entrano in contatto.

Con l’omeopatia non si può fare a meno di vedere il mondo a più dimensioni, come una rete complessa di relazioni osservabili nella realtà di ciò che si presenta in quel momento e cioè l’organizzazione dell’individuo in quel dato momento e contesto.

Questo pone l’omeopatia al centro del dibattito sulla necessità della medicina di orientarsi in modo più efficace verso una comprensione più realistica dell’individuo, verso l’utilizzo di farmaci pesonalizzati, di piani di cura personalizzati.

L’omeopatia classica ha raccolto esperienza nel campo della medicina individualizzata da più di 200 anni. L’unico vero problema dell’omeopatia è di utilizzare ancora il linguaggio di 200 anni fa, quando il suo fondatore Samuel Hahnemann la delineò in un sistema logico, coerente e consistente ma, definendo un linguaggio comprensibile per entrambi, sono convinta che il mondo scientifico contemporaneo si stupirebbe di trovare molta affinità con il sistema dell’omeopatia classica.

Alla prossima volta,
saluti
Francesca

  •  Bird A. (2007), “Perceptions of epigenetics”, Nature; 447, pp.396-8.
  • Groom A., Elliott H. R., Embleton N. D., Relton C. L. (2012), “Epigenetics and child health: basic principles”, Group. bmj.com, pp. 863-869.