Omeopati e omeopatia

E’ in corso un dibattito, in Italia e in Europa, che è lo specchio della crisi culturale, economica e sociale che sta investendo il nostro mondo: invece di parlare di contenuti, di valori che generano prodotti, si parla in modo acontestuale solo dei prodotti.

Anche per quanto riguarda l’omeopatia, il fulcro del dibattito sembra essere chi abbia i titoli per esercitare l’omeopatia e chi no, dimenticandosi che, in prima battuta, è necessario chiarire molto bene che cosa sia effettivamente l’omeopatia, quale la visione esistenziale sulla quale si poggia, quale il concetto di salute e malattia a cui si riferisce e via di seguito.

Solo chiarendo bene di cosa si sta parlando si può comprendere quali siano le caratteristiche professionali che un omeopata deve dimostrare di possedere e di conseguenza il percorso formativo più adatto per far nascere futuri bravi omeopati.

Non basta affermare che, dal momento che stiamo parlando di salute, solo i medici hanno il diritto di praticare l’omeopatia. E’ una discussione di stampo riduzionista che ha il grande pericolo di assimilare l’omeopatia e i suoi rimedi ad un intervento di meccanica naturale.

Un omeopata è, in prima istanza, un professionista che, ben conoscendo come funziona il corpo umano in salute e in malattia, utilizza l’arte omeopatica per supportare l’evoluzione della persona verso una organizzazione sistemica più favorevole.

Nei primi 3 post ho posto l’accento su 3 punti:

1)  omeopatia come supporto all’evoluzione personale
2)  omeopatia come scienza moderna
3)  omeopatia come scienza della relazione

Sono punti molto importanti e per ognuno di essi si potrebbe dire moltissimo.

Quello che mi preme sottolineare oggi è che, in base a questi 3 punti, lo stesso omeopata, e quindi io per prima, comprende e pratica l’omeopatia in modo del tutto personale.

Parlando di me, quello che in questi anni ho inteso dell’omeopatia, non può prescindere da quello che sono io, dal tipo di mente che mi caratterizza, dal mio personalissimo modo di pormi nel mondo, di valutare importante o poco importante fatti che accadono, dalla sensibilità emotiva che mi permette di cogliere o meno aspetti importanti o sfumature di quanto ho davanti, sia esso la descrizione delle caratteristiche di un rimedio che sto studiando, o la vitalità di un paziente.

Vi sono delle regole fondamentali imprescindibili per fare omeopatia e queste sono state delineate nel 1800 da Samuel Hahnemann. Nel rispetto di queste regole, ogni omeopata porta tutto se stesso nella relazione con il paziente e quanto si crea nel momento della consultazione, o della presa del caso come si dice in gergo, è un atto fondante non solo della prescrizione del rimedio, ma di un percorso terapeutico individualizzato nel quale la relazione stessa omeopata/paziente diventa il primo elemento di cura.

Ogni paziente troverà l’omeopata che meglio gli si addice. E l’omeopata prescriverà il rimedio secondo quanto emerge di rilevante nell’organizzazione del paziente, mediato dalla capacità dell’omeopata stesso di far emergere il quadro più vicino alla vera essenza dl paziente in quel momento.

Una delle tante critiche che vengono mosse all’omeopatia è la  discrepanza nelle prescrizioni: davanti ad uno stesso caso, spessissimo differenti omeopati valutano il caso in modo differente, e prescrivono un rimedio diverso.

Non sono qui a difendere la ciarloneria purtroppo dilagante nel mondo omeopatico, dove tanti affermano di essere quello che non sono e prescrivono senza logica. Voglio invece cercare di far emergere la consapevolezza del fatto che quanto si crea in prima istanza tra un omeopata  e la materia che cerca di comprendere e poi tra un omeopata e un paziente, è di per sé una relazione complessa e cioè che poggia sulle caratteristiche peculiari sia dell’omeopata (sua qualità di mente, di emozioni, o fisiche) che del paziente.

L’omeopatia non è una scienza lineare che percepisce il mondo solamente secondo legami causa-effetto lineari: la complessità delle relazioni, il continuo reciproco influenzamento degli elementi che le costituiscono e i conseguenti cambi di scenario, anche improvvisi, sono l’oggetto del suo agire ed essa è l’arte di saper leggere la convergenze e l’organizzazione di cause complesse concomitanti.

Non c’è solo un virus o una malattia, ci sono persone che sono in relazione con un virus o un battere e che in generale esprimono i sintomi di una malattia, ma nello specifico, esprimono se stessi affetti da quella malattia.

Nella mia visione del mondo e della vita, considero la qualità della mente e la consapevolezza di sé fattori importantissimi nell’organizzazione delle strutture complesse che chiamiamo individui.

La progressiva guarigione va di pari passo con il rafforzamento della qualità della mente e della consapevolezza di sé.

Mente e corpo si rispecchiano l’uno dentro l’altro, inevitabilmente e inesorabilmente. I sintomi sono chiavi per comprendere, non elementi da combattere.

Questa è l’omeopatia che ho compreso e che pratico.

Alla prossima!
Francesca

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